The land of hope

Titolo orignale: Kibou no Kuni
Regia: Sono Sion
Cast: Isao Natsuyagi, Naoko Otani, Jun Murakami, Megumi Kagurazaka, DenDen
Nazione: Giappone
Anno: 2012
Durata: 134 minuti

TRAMA

“Noi giapponesi facciamo un passo alla volta”
Le famiglie Ono e Suzuki vivono a pochi passi di distanza l’una dall’altra, nella prefettura di Nagashima. Dopo un terremoto che ha provocato dei danni alla vicina centrale nucleare, la famiglia Suzuki è costretta a lasciare la propria casa. Solo pochi metri separano le due abitazioni, ma la polizia decide che il raggio di azione delle esalazioni non supererà un raggio di 20 km dalla centrale.
A Nagashima, un posto in realtà inesistente il cui nome è una crasi di Hiroshima e Nagasaki, la famiglia Ono, composta dal padre Yasuhiko, sua moglie Chieko, il figlio Yoichi e sua moglie Izumi, potrebbe fare finta di nulla e ascoltare le autorità che assicurano che quella zona è sicura. Gli Ono hanno visto sfrattare i loro vicini, e si prendono cura del cane lasciato indietro in attesa del loro ritorno. Ma Yasuhiko decide che Yoichi e Izumi debbono lasciare la casa per evitare problemi alla gravidanza di lei, e i due si piegano al suo volere. Dopo un po’ Izumi si convince che la città in cui sono andati a vivere non è abbastanza lontana dalla centrale e si chiude in casa tappando ogni spiraglio e usando una tuta anti radiazioni. Intanto Yasuhiko riceve una comunicazione dalle autorità che lo invita a lasciare la casa a causa del pericolo che si è esteso alla zona in cui vive con sua moglie. Ma Chieko non è in condizioni di subire uno sfratto e l’uomo decide di rimanere.

RECENSIONE

Sono Sion aveva brevemente commentato il disastro di Fukushima con le poche immagini finali di Himizu. Con questo The Land of Hope ritorna sul tema raccontando la storia di due famiglie che si trovano nel mezzo della fuga di materiale radioattivo. L’epopea delle due famiglie sembra essere anche un manifesto di intenti da parte del regista, che sceglie i toni più cupi per raccontare il disastro, e intanto mette a parte lo spettatore del suo pensiero sulla situazione del nucleare in Giappone.
La famiglia Ono e i Suzuki hanno una vita normale, che viene di colpo spezzata, non solo dai problemi alla centrale atomica, ma anche dalle bugie del governo che tace sull’entità del problema.
Il Giappone rurale, sembra dire il regista, è abbandonato a sé stesso, e niente di quel che gli accade intorno gli verrà spiegato mai. Dapprima si costruisce una centrale atomica vicino a un centro abitato, contro tutte le proteste degli abitanti, e poi si tiene la popolazione all’oscuro delle conseguenze. La polizia si limita a recintare un’area e a impedire alle persone di cercare i propri parenti dispersi, ma di fronte alla domanda di chiarezza della gente si trincera dietro il silenzio.
La narrazione procede lenta districandosi tra le vicissitudini di Yasuhiko Ono e dei giovani Suzuki, il primo intento a mandare via il figlio per assicurargli un futuro, e i secondi alla ricerca della famiglia di lei, spazzata via dallo tsunami successivo al terremoto.
Il racconto è in soggettiva, a mano a mano che Yasuhiko vede chiudersi ogni possibilità lo spettatore intuisce presto la direzione della storia, e non può che condividere il dolore di chi la racconta. La speranza è debole e affidata a un domani di là da venire, un domani su cui aleggiano nubi oscure. Mentre le radiazioni sono volatili, come le promesse dei governanti, e putroppo come queste invisibili.
Affidandosi ai suoi attori feticcio, che qui danno tutti un’ottima prova di recitazione, Sono Sion sceglie una regia misurata, con soltanto alcuni piccoli tocchi di genio che sottolineano le parti più dure della storia. Le barriere metaforiche e, in alcuni punti del racconto anche didascaliche, che le autorità ergono tra loro e i cittadini inermi, sono il segno di ciò che il regista indica come il problema che il Giappone deve ancora risolvere.
Se in Be Sure to Share Sono Sion invitava al dialogo con la famiglia, in questo The Land of Hope l’invito è a parlare chiaro con la popolazione, perché i giapponesi sono forti e possono anche reggere il peso delle tragedie, ma non quello delle menzogne.
Voto: 8
(Anna Maria Pelella)