Dream house

Regia: Jim Sheridan
Cast: Daniel Craig, Rachel Weisz, Naomi Watts, Elias Koteas
Produzione: USA, Canada
Anno: 2011
Durata: 92 minuti

TRAMA

Will Attenton si trasferisce insieme alla moglie e alle sue due figlie in una casa da sogno nel Massachussets. Durante i primi giorni di permanenza, la famiglia inizia a sentire strani rumori nella notte. Dopo aver sorpreso nella cantina un gruppo di ragazzi intenti a compiere rituali, Will scopre che sulla casa pende un grosso carico: qualche anno prima un uomo ha ucciso la moglie e le due figlie. Dopo la terribile scoperta, tutte le certezze dell’uomo iniziano a vacillare.

RECENSIONE

Vedendo i nomi coinvolti nel progetto Dream House, verrebbe da pensare ad un film da pelle d'oca. Un thriller soprannaturale diretto da Jim Sheridan, regista di film del calibro de "Il mio piede sinistro" e "Nel nome del padre", svariate volte nominato agli Oscar e un cast capitanato da Daniel "007" Craig, seguito dal premio Oscar Rachel Weisz e dalla bella e brava Naomi Watts. Nomi importanti, soprattutto legati ad un genere che non appartiene loro.
Prima di partire con la critica nei confronti del film, è giusto dire che in seguito a litigi tra produttori, il film è stato radicalmente modificato rispetto al progetto originale, tanto che Sheridan aveva chiesto di essere tolto dai credits, poiché non riteneva il film una sua opera. Sono state effettuate modifiche alla sceneggiatura e al montaggio finale. Forse l'intento dei produttori era quello di mettere in discussione il talento di un regista pluripremiato, oppure semplicemente la storia come era prima non andava bene secondo i loro standard. Sta di fatto che hanno combinato un bel pasticcio, sia a livello stilistico che a livello di incasso. Costato 50 milioni di dollari, il film ne ha incassati poco più della metà, risultando un flop colossale in tutto il mondo.
A livello di storia inizia come la maggior parte dei film degli ultimi anni con una famiglia che si trasferisce nella nuova casa, fattacci avvenuti anni prima nello stesso luogo e un mistero da risolvere. Tutto già visto mille volte, storia trita e ritrita anche se lo stile c’è e si vede. D'altronde, anche se rinnega il lavoro, dietro la macchina da presa c'è sempre Sheridan.
Man mano che il film scorre, nella mente dello spettatore si materializza un’idea di potenziale finale del film. Si spera tanto che non sia esatta perché sarebbe davvero troppo banale. Capire dove il film vuole andare a parare dopo pochi minuti di film sarebbe veramente prevedibile.
E purtroppo è così. Il colpo di scena immaginato arriva, ma non alla fine, bensì a metà film. Lo spettatore spiazzato si domanda: e adesso cosa succede visto che mi hai svelato l'arcano che già avevo intuito?
La risposta è niente.
Un brodo allungato di quaranta minuti che non aggiunge nulla alla prima parte del film, anzi, la dilata eccessivamente, la rende ridondante e la conclude in maniera degna di un fotoromanzo. Oltre ad essere proprio un brutto finale, questo è pure spiegato male e si fatica a comprendere il ruolo di alcune persone coinvolte.
Il film vuole anche essere un evidente omaggio a "Shining". Sono numerosi i richiami al capolavoro di Kubrick a partire dalla storia stessa, alle due bambine in fondo al corridoio in una visione di Daniel Craig (vedasi appunto la locandina) oppure al bambino di nome Grady, come il celebre custode Delbert.
Particina minuscola e inutile per il buon caratterista Elias Koteas.
Voto: 4
(Andrea Costantini)