Cloverfield

Regia: Matt Reeves
Cast: Lizzy Caplan, Jessica Lucas, T.J. Miller, Michael Stahl-David, Mike Vogel, Odette Yustman
Produzione: USA
Anno: 2008
Durata: 75 minuti

TRAMA

New York, 22 maggio 2007: Robert sta per partire per il Giappone, e gli amici organizzano una festa per salutarlo. Purtroppo Jason, il fratello di Robert, affida al suo amico Hud una telecamera, assegnandogli il compito di riprendere la festicciola. Dopo qualche attimo in puro stile “MySpace”, in cui ci vengono presentati gli altri personaggi, il palazzo viene scosso da quello che sembra un terremoto. Naturalmente si tratta di ben altro, nella fattispecie di un mostro alto svariati piani e di pessimo umore, ed il gruppetto se ne accorgerà quando vedrà nientemeno che la testa della Statua della Libertà rotolare per strada.

RECENSIONE

"Cloverfield” è un’operazione di marketing, furbetta quanto inconsistente, in cui “ The Blair Witch Project” incontra “Godzilla”, con grave danno per tutti e due. L’unica cosa riuscita del film è infatti la campagna pubblicitaria via web orchestrata dal prolifico J.J. Abrams, che ha generato un’attesa del tutto sproporzionata ai modestissimi risultati raggiunti. Il regista (si fa per dire) Matt Reeves tenta di rivitalizzare il genere ormai obsoleto del “monster movie” e di attirare al cinema gli utenti della rete in astinenza da “YouTube”, ma il problema è che certe operazioni bisogna saperle fare con un minimo di intelligenza e di abilità registica, come hanno fatto Balaguerò e Paco Plaza nel riuscitissimo “Rec”, e non basta più la solita handycam simulata, traballante e fuori fuoco, per far gridare al miracolo, a meno che il film non sia destinato ad un pubblico di dodicenni col cervello in pappa. Se a questo aggiungiamo una sceneggiatura inesistente (di Drew Goddard, già autore di “Lost” e “Alias”) ed una recitazione da filodrammatica, la frittata è presto fatta: tra noiosissime scene di panico e nella più totale mancanza di tensione, “Cloverfield” si avvia verso la prevedibile conclusione dopo 75 interminabili minuti, che tendono più volte a sollecitare lo sbadiglio. Certamente qualcuno blatererà di Ground Zero e di attacco alieno sul sacro suolo americano, rammentando che, dopotutto, i film dell’epoca d’oro del genere sono stati realizzati in tempi di guerra fredda e di paura dell’atomica, e che i mostri affondavano i loro artigli ipertrofici nelle paure collettive di una generazione. Discorso legittimo, se non fosse che stavolta la solita noiosa solfa dell’inquietudine americana dopo l’11 settembre è del tutto strumentale ed anche un po’ irritante, e, come minimo, ci aspettiamo come risarcimento simbolico un film iracheno dove un alieno pluritentacolato rade al suolo Baghdad fischiettando “The star-spangled banner”. Altri parleranno a sproposito di contaminazione dei nuovi linguaggi e di come le metastasi digitali stiano fagocitando il cinema ma, nella fremente attesa di goderci uno slasher girato con il telefonino (o esiste già?), se volete un bel “monster movie” fatto con tutti i crismi e con dei personaggi che non siano di cartapesta, procuratevi il dvd di “The host” di Bong Joon-hoo e lasciate “Cloverfield” al suo destino, ovvero quello di essere totalmente dimenticato fra un paio di settimane.
Ironia a parte, l’assunto di fondo sottinteso a questo genere di produzioni, ovvero che l’immagine video sia di per sé sinonimo di “realtà”, è del tutto fallace, come ben mostra De Palma nel suo “Redacted” (quasi un saggio teorico sulla manipolazione) e volercelo propinare per l’ennesima volta è sinonimo di ingenuità o di malafede, anche se si tenderebbe a protendere per la seconda ipotesi. Per la cronaca, sembra che alcuni spettatori, oltre al sottoscritto, abbiano sofferto di nausea durante la proiezione di “Cloverfield”, cosa ingiustamente attribuita ai movimenti convulsi della telecamera.
Voto: 4
(Nicola Picchi)