Il bosco fuori

Regia: Gabriele Albanesi
Cast: Daniela Virgilio, Daniele Grassetti, Rino Diana, Santa De Santis, David Pietroni, Geremia Longobardo, Cristiano Callegaro, Luigi Campi, Valter Gilardoni
Produzione: Italia
Anno: 2006
Durata: 85 minuti

TRAMA

Aurora e Rino, due fidanzatini che si sono appartati in macchina su una strada di campagna, vengono aggrediti da tre teppisti che malmenano il ragazzo e cercano di violentare la ragazza. Verranno salvati da Clara e Antonio, una coppia sopraggiunta improvvisamente, che si offriranno di ospitarli per prestare i primi soccorsi al ragazzo ferito. Naturalmente le intenzioni della coppia sono ben altre, e presto i due ragazzi lo scopriranno a loro spese nel consueto e festante tripudio di sangue e budella (effetti speciali del sempre efficace Sergio Stivaletti), al suono ruggente della sega elettrica.

RECENSIONE

Ne “Il bosco fuori” i personaggi di Nicolò Ammanniti incontrano Deodato, che a sua volta incontra la premiata ditta Craven & Hooper (quella di trent’anni fa), e scusate tanto se la splendida festa di morte sembra un po’ troppo affollata. Il film soffre paradossalmente del problema opposto rispetto a “La radice del male”: ha una sceneggiatura incredibilmente stupida che trova la sua sola giustificazione nel desiderio del regista (anche sceneggiatore) di omaggiare i classici del genere, che evidentemente fanno parte del suo background. In questo non c’è niente di male, se non fosse che si tratta di un’operazione fatta mille volte, e l’ennesima riproposizione della solita vecchia solfa ultrasplatter non desta un particolare entusiasmo. Il punto di forza del film non è tanto nel tentato stupro in stile “L’ultima casa a sinistra” o nell’ennesima famigliola di freaks semideficienti (“Le colline hanno gli occhi” a Grottaferrata), e neanche nel pargoletto cannibale (parente stretto di quello di “Phenomena”) o nel finale in stile “Non aprite quella porta”, ma nel buon lavoro svolto da tutto il comparto tecnico, dalla fotografia di Raoul Torresi e Giovanni Cavallini al montaggio di Alessandro Marinelli, e dall’energia quasi palpabile del regista. Gli spazi tutto sommato poco eccitanti della villetta in cui si svolge la storia e del bosco circostante sono valorizzati e resi inquietanti da una fotografia indovinata e che sfrutta bene le caratteristiche del digitale, mentre la regia svela gradualmente gli orrori che la casa è pronta a vomitare sugli sfortunati protagonisti. Gabriele Albanesi insegue comunque una sua idea di cinema, ha senso del ritmo, un occhio per le inquadrature non banale ed una buona padronanza della telecamera, ed ora tutto quello che gli serve è un plot meno autoreferenziale e grondante orgoglio cinefilo militante, tutte qualità apprezzabili ma che ormai hanno fatto il loro tempo, anche in un panorama asfittico e penosamente ingessato come quello italiano. Naturalmente non mancano errori e ingenuità ma sono tutto sommato pecche scusabili in un’opera prima, che tra l’altro non sembra prendersi troppo sul serio. I personaggi sono dipinti con una pesante ironia che sfiora la caricatura, soprattutto i tre “coatti” romani, ma gli attori sono abbastanza credibili (con una menzione speciale per Daniela Virgilio) e si rivede con piacere Cristiano Callegaro (storica la sua battuta finale, pronunciata con le budella penzoloni), già protagonista dell’indimenticabile “Dorme” e di altri lavori di Eros Puglielli. Il film è prodotto con la partecipazione dei Manetti Bros, di Stivaletti e della Nerofilm di Gregory J. Rossi, ed ha avuto molto successo nel mercato asiatico con l’appropriato titolo “The last house in the woods”, in qualche modo riepilogativo del senso dell’intera operazione.
Voto: 6
(Nicola Picchi)