Rough cut

Regia: Todd Klick
Genere: documentario
Anno: 2006
Durata: 81 minuti

TRAMA

Gennaio 2003. Una donna viena rinvenuta morta dal marito nel garage della sua casa in Pennsylvania. Alcuni mesi prima suo marito aveva partecipato alla lavorazione di un film nell’area vicino casa. Come si collegano le due cose? In che modo la polizia dovrà lavorare per scoprire l’assassino?

RECENSIONE

Di questi tempi il documentario è venuto assai di moda grazie al lavoro di Michael Moore. La tecnica vuole che, anche nel caso di un mockumentary come questo, si seguano le tracce del lavoro di polizia. Le interviste, i frammenti dei giornali e il resoconto della procedura, sono tutto quello che serve per costruire un buon documentario, falso o vero che sia. Però poi il tutto dovrebbe esser messo insieme da un regista, si spera e non da un normale tecnico che pare uscito dritto dalla redazione di Studio aperto. La noia regna sovrana nell’apparentemente lunghissimo svolgimento di questo falso documentario, incentrato su una storia più finta di quella della strega di Blair. Non un solo momento di genio nel racconto, meno che mai nella ricostruzione, insomma una tale piattezza da farci rimpiangere il lavoro di Chi l’ha visto.
Il tutto intessuto da un vago sottotesto reazionario a favore, in maniera neanche tanto velata della pena di morte, resa incredibilmente uno strumento di vendetta legittimo, a uso e consumo della madre della vittima, dal momento che “voi non sapete cosa si prova”. Inutile dire che il sapere o meno cosa si può provare di fronte all’omicidio di un proprio familiare non dovrebbe essere la discriminante in termini di legiferazione. E poi ognuno reagisce come può, e fortunatamente non tutti diventano lo strumento della vendetta divina, nell’illusione di cancellare un torto subito.
Poi abbiamo qualche perla disseminata qua e là a proposito del fatto che l’assassino, così tanto per trovare una motivazione alle perversioni, gioca a Dungeon and Dragons, in una recrudescenza del vecchio hit delle mamme contro D&D, con la solita solfa dei giocatori di ruolo che sono socialmente pericolosi, qua sono pure scambisti ed erotomani, nient’altro?
Personalmente non so se trovare più irritante il sottotesto reazionario, o le duemila inquadrature della vittima vestita da sposa nel filmino delle nozze che, per inciso la rendono dopo un pò meno consistente di un’idea. Il sociopatico, anche se non giocasse a D&D, ha una strana aurea da psicolabile e un contorno di improbabili perversioni più mentali che reali, a meno che non si voglia credere che esista un’assassino che si appunta l’ora del film porno e la durata della conseguente attività autoerotica, a mò di alibi.
Insomma niente che induca non solo a ricordare, ma neanche a consigliare di vedere questo noioso esperimento che, sulla carta sarebbe anche potuto risultare interessante, ma la cui realizzazione pedestre e priva di qualsiasi segno originale, vanifica ogni prospettiva di interesse.
Voto: 4
(Anna Maria Pelella)